Blow Up (IT)
Tempi felici nella magica stanza di Sawako, che continua instancabile a polire piccole perle in serie. Non si smorzano ancora le magnifiche risonanze di “Madoromi” che la digital mutation girl ritorna con un album che ripercorre le orme dei predecessori (minimalismo atmosferico sopraffino), svoltando però verso striature elettroacustiche che aggiungono un tocco di ulteriore astrazione alla materia sonora. Sawako esce dal guscio di vetro luminescente ed incrocia processing digitale e field recordings con il violoncello di Jacob Kirkegaard e Jess Ivry, le chitarre di Ryan Francesconi e Radiosonde, il violino di Lila Sklar. La componente delle registrazioni d’ambiente non è prevalente come in precedenti episodi, nonostante il richiamo a stilemi evocativi ormai inconfondibili (“Looped Labyrinth, Decayed Voice”). Si continuano a scandagliare le tecniche di trattamento dei microsuoni con la disarmante semplicità di sempre producendo saggi di rara intensità emotiva (“Wind Shower Particle”, “Deep Under”). Il resto, è un naufragare dolce tra refrain atarassici (“Utouto”) e loop sommersi (“Tsubomi, Saku”), prima della filastrocca finale recitata dalla timida voce dell’artista, schermata proprio come le forme nelle immagini di Maki Kaoru impresse sul digipack.
Un must.